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  • La prima guida turistica di Mestre


    La prima guida turistica dedicata a Mestre verrà presentato ufficialmente il prossimo 25 settembre alla libreria Feltrinelli di Mestre. E'un libro di 300 pagine, ricco di immagini e di notizie su quello che può interessare i turisti ma anche gli stessi mestrini. “Alla scoperta di Mestre” prevede una parte introduttiva in cui vengono approfonditi i temi generali che caratterizzano la città. Segue la guida vera e propria, che suddivide il territorio di terraferma negli otto quartieri di un tempo (S. Lorenzo XXV Aprile, Piave 1866, Carpenedo e Bissuola, Terraglio, Chirignago e Gazzera, Zelarino-Trivignano, Favaro Veneto, Marghera). Chiude il lavoro una sezione di cartografia e una di informazioni utili su come muoversi in città. Niente alberghi e ristoranti, solo link per informarsi su questi temi.

    Venezia: la Terraferma
    Chiese, forti, boschi, parchi e piazze!

    Non è solo il centro storico di Venezia ad offrire spunti di interesse per i visitatori amanti dell'arte e della cultura: oltre il centro storico c'è un intero mondo da scoprire, senza allontanarsi troppo!

    Partendo da vicino, da Mestre, subito oltre il Ponte della Libertà che collega Venezia alla Terraferma, e spingendosi oltre, sorgono ovunque chiese, antichi forti, suggestive piazze e parchi che si animano durante i frequenti mercatini. La parte di Terraferma del Comune di Venezia comprende i quartieri di: Mestre, Carpenedo, Favaro, Chirignago, Zelarino, Marghera.
    Mestre

    Mestre è un quartiere nella zona di teraferma della Città di Venezia. Un tempo ben distinta dagli altri centri della terraferma, Mestre, ha visto una rapida crescita urbana che l'ha portata a costituire con gli stessi una vasta conurbazione. Per questo motivo, con il toponimo "Mestre" spesso si intende, per estensione, tutta la terraferma veneziana.

    Mestre è situata nella Pianura Veneta a margine della Laguna di Venezia (3 m s.l.m.) e funge da porta d'accesso a Venezia tramite il Ponte della Libertà. Il principale corso d'acqua è il Marzenego il cui alveo originale è stato nel tempo più volte modificato e tombinato. Esso si biforca per circondare la città antica nel ramo Campana o delle Muneghe a sud e nel ramo delle Beccherie o di San Lorenzo a nord. I due bracci si riuniscono all'altezza del ponte di via Colombo formando l'Osellino, il canale artificiale che ne convoglia le acque verso la foce. Altra via d'acqua rilevante è il Canal Salso che mette in comunicazione la città e la laguna.

    Bonaventura Barcella, segretario dell'Archivio Comunale nell'Ottocento, propone per Mestre un'origine fantasiosa, ricollegandosi alle vicende dell'eroe Antenore, ricordato da Livio e da altri autori antichi come il capostipite dei Veneti. Questi, fuggito da Troia distrutta, dopo un lungo peregrinare per mare trovò rifugio nella regione che lui stesso chiamò Veneto dove fondò la città di Padova. Al suo seguito c'era anche Mesthle, valoroso guerriero figlio del re Pilemene, che invece si stabilì con altri presso un bosco di fronte alla Laguna Veneta (la Selva Fetontea) fondando una città fortificata che, dal suo nome, chiamò Mestre.

    Leggende a parte, anche per la scarsità di reperti e notizie riguardanti l'età antica, l'origine di Mestre rimane ancora oscura. Appare tuttavia possibile l'esistenza di un castrum, un piccolo centro fortificato embrione del medievale Castelvecchio.

    La piazza initolata ad Erminio Ferretto è la principale della città. Sviluppatasi nel medioevo come piazza del mercato e, in tempi più recenti, come capolinea della rete tranviaria, si arricchì poi di esercizi commerciali e del noto Teatro Toniolo, posto in una piazzetta contigua. Sulla piazza sorgono il seicentesco Duomo di San Lorenzo, il Palazzo da Re, il cui portico ospitava il mercato delle granaglie e la Torre dell'Orologio. Quest'ultima era originariamente una casa-torre fatta erigere dai Collalto nel 1108, ma fu poi inglobata nel secondo castello di Mestre (il Castelnuovo). Oggi è l'unica rimasta delle quindici o, secondo altre fonti storiche, diciassette torri che componevano la fortezza. Altri edifici di rilevo sono il Palazzo Podestarile, la Provvedaria e la scuola dei battuti o scholetta piccolo edificio trecentesco con finestre trilobate prospettante sulla via Poerio. Tra il 1995 e il 1998 Piazza Ferretto è stata ristrutturata secondo il progetto dell'architetto Guido Zordan. In particolare, al centro è stata collocata una lunga fontana con una scultura in bronzo dorato di Alberto Viani intitolata "Nudo". Altre opere di interesse artistico sono il monumento alla Resistenza di Augusto Murer in Piazza XXVII Ottobre (conosciuta comunemente con il nome di "Piazza Barche", toponimo che ricorda quando il Canal Salso giungeva al centro dell'odierna piazza collegando Mestre alla Laguna Veneta) e la fontana di Gianni Aricò nella vicina via Piave.

    Quasi tutte le chiese di Mestre sono state costruite nel secondo dopoguerra in concomitanza con l'espansione dei quartieri residenziali, tuttavia sono degni di nota alcuni luoghi di culto ben più antichi. La chiesa di San Girolamo è la più antica della città risalendo al 1261. Sorge lungo l'omonima via pedonale dove un tempo erano edificate le mura est del Castelnuovo, di fronte ad un canale derivato dal Marzenego e oggi interrato. La Chiesa dei Santi Gervasio e Protasio, a Carpenedo, ha pure origini molto antiche, ma l'edificio precedente, di cui si hanno notizie sin dal 1152, è stato sostituito nel 1852 da una nuova e più grande costruzione in stile neogotico. La chiesa di San Rocco, che sorge nell'attuale via Manin, fu eretta nel 1476 ed oggi è parrocchiale greco-cattolica rumena. La chiesa di Santa Maria delle Grazie e l'annesso convento vennero completati nel 1520 dalle monache benedettine (da cui il toponimo ramo delle muneghe riferito ad un ramo del Marzenego ora tombato). Situata presso l'attuale via Poerio, è oggi sconsacrata e adibita a libreria. Tra i luoghi di culto più rilevanti va annoverato, ovviamente, anche il Duomo.

    Per la vicinanza a Venezia, il territorio mestrino fu una delle prime località coinvolte nel fenomeno della costruzione delle ville venete e tuttora vi si ergono numerosi palazzi signorili. La recente espansione urbana ne ha inglobato la maggior parte nella conurbazione, ma si tenga presente che, originariamente, si trovavano tutti in aperta campagna. Tra le più centrali si ricordano:

    1. Villa Erizzo (XVII secolo), oggi affacciata su piazzale Donatori di Sangue, è interamente circondata da edifici moderni, ma in passato le erano annessi quasi 5.000 mq di parco. Conserva alcuni affreschi del Settecento di tema bucolico, attribuibili ad Andrea Urbani. Le è annessa anche una cappellina privata dedicata alla Vergine (1686), dove papa Pio VI, ospite dei proprietari, vi celebrò una Messa (1782). L'edificio fu in seguito molto rimaneggiato e assunse l'attuale aspetto quando furono completati gli ampliamenti (1939) voluti da Giuseppe Volpi per farne la sede di terraferma della società elettrica SADE. Tutt'ora ospita uffici dell'ENEL.
    2. Villa Querini (XVIII secolo), si trova all'angolo tra le attuali via Verdi e via Circonvallazione. Appartenuta ai Querini Stampalia fino al 1869, è di proprietà comunale e il parco è oggi un giardino pubblico.
    3. Villa Della Giusta, in via Torre Belfredo, costruita dai Contarini (seconda metà del XVIII secolo), è attualmente sede dell'Istituto Parini. Nel giardino si trovano ancora alcuni resti delle mura del Castelnuovo.
    4. Villa Settembrini, situata in via Carducci, è un edificio tardo (seconda metà dell'Ottocento) di dimensioni modeste e dalle linee semplici. Ospita oggi la sede della fondazione Gianni Pellicani.

    Di interesse sono inoltre i forti, che costituivano il campo trincerato di Mestre, realizzati nel corso del XX secolo. Il più grande e importante di essi, antecedente di quasi un secolo la creazione dello stesso campo, è Forte Marghera, il quale si estende per 48 ettari in un'area posta tra la città e la laguna, vicino al Parco di San Giuliano. Costruita per scopi militari, la struttura fu poi abbandonata e nella seconda metà del 2008 è stata acquistata dal Comune, mettendo così a disposizione dei cittadini una grande area verde all'interno della città.

    Degni di nota sono inoltre i due grandi parchi cittadini, il Parco Alfredo Albanese noto popolarmente come parco della Bissuola in quanto sorge nella zona così denominata, e il Parco di San Giuliano prospiciente la Laguna. Il primo ha un'estensione di 33 ettari, mentre il secondo, inaugurato il giorno 8 maggio 2004, attualmente si estende per 74 ettari. Secondo il Piano Guida del Parco, esso però si estenderà per ben 700 ettari, di cui 475 ettari di terreno e 225 di canali, barene e laguna, risultando quindi il maggior parco cittadino italiano. Il Parco di San Giuliano è stato scelto per ospitare il festival rock Heineken Jammin' Festival, dal 14 al 17 giugno 2007. La manifestazione, giunta alla sua decima edizione, avrebbe dovuto svolgersi come tradizione all'Autodromo di Imola, ma la direzione decise di spostarlo nel parco mestrino per sfruttare, oltre alla grande capienza di pubblico, il bellissimo panorama di Venezia, che si scorge da San Giuliano.

    Il Bosco di Mestre è un bosco periurbano che nasce da un'idea di Gaetano Zorzetto (prosindaco di Mestre e politico locale dal 1970 al 1995) e si compone di parecchie aree ex agricole riforestate di diversa ampiezza alcune vicine altre un po più distanti tra loro, ma con il progetto di essere tutte collegate da percorsi ciclo-pedonali. Esso è composto da: Bosco Ottolenghi (situato tra le località di Favaro e Dese), 20 ettari; Bosco di Campalto (situato nella omonima località) 6.7 ettari; Bosco dell'Osellino (situato a ridosso del Quartiere Pertini lungo l'omonimo canale) 8.1 ettari; Bosco Querini (diverse aree ex agricole acquistate dal comune di Venezia nel 2003 attigue al Bosco Ottolenghi, non ancora completamente riforestate) 200 ettari; Bosco di Carpenedo (ultimo residuo dell'antica foresta planiziale che ricopriva l'intero entroterra mestrino, situato a ridosso della SR 14 di Mestre ex SS 14 bis) 10 ettari. Completano l'opera i due boschi privati Bosco del Montiron (nei pressi dell'abitato di Ca' Noghera) ed il Bosco della Malcontenta (nell'omonima località). Gli impianti, iniziati nel 1993, continuano ancora e sono composti principalmente da farnie, carpini, aceri, frassini, pioppi, tigli e salici. All'interno delle aree già inaugurate esistono zone umide, zone ricreative, culturali e percorsi naturalistici. A lavori ultimati, con i suoi 1400 ettari di superficie, il Bosco di Mestre sarà il bosco periurbano più grande d'Italia.
    Carpenedo

    Carpenedo è un quartiere della Città di Venezia situato nella terraferma. Un tempo località ben distinta, dal secondo dopoguerra è stata coinvolta nell'espansione urbana della conurbazione di Mestre di cui oggi è parte integrante.

    Un primo nucleo di Carpenedo doveva essere sorto già verso la fine dell'età romana (V secolo). L'insediamento probabilmente sussisteva grazie allo sfruttamento di un probabile bosco di carpini (carpeni in dialetto veneto) che costeggiava la via Altinate fino a Dese. Sopravvissuta con gli altri villaggi dei dintorni alle devastazioni dei barbari, fu di nuovo coinvolta in guerre e razzie soprattutto a causa del vicino castello di Mestre, fortificazione di Treviso al centro della lotta contro la rivale Padova. Seguì le sorti di tutta la Marca quando, nel 1337, questa si sottomise alla Repubblica di Venezia. Dopo altre vicissitudini belliche, dal XVI secolo iniziò finalmente un periodo di stabilità e relativo benessere. Le campagne di Carpenedo furono apprezzate dai patrizi Veneziani che qui eressero alcune loro ville. Caduta nel 1797 la Serenissima, il paese passò con tutto il Veneto ai Francesi e poi agli Austriaci. Furono istituiti i comuni e anche Carpenedo divenne uno di questi, con giurisdizione anche su Campalto, Favaro e Dese. Tornato alla Francia, divenne quindi parte del Regno Lombardo-Veneto (in questo periodo il comune fu soppresso e divenne frazione di Mestre) fino al 1866, anno dell'annessione al Regno d'Italia.

    Sono presenti edifici di interesse:

    1. Villa Marinoni-Franchin, innalzata nel 1747 dai Marinoni, a partire dall'Ottocento passò prima ai Gavazza, poi ai Rossi, quindi ai Berti e infine ai Franchin, attuali proprietari. L'edificio, a tre piani e simmetrico, si affaccia direttamente sulla strada ed è circondato da un ampio parco.
    2. Villa Tivan.
    3. Chiesa dei Santi Gervasio e Protasio.

    Favaro

    Favaro Veneto è una località della Città di Venezia sulla terraferma veneziana ad est di Mestre. Costituisce il principale centro della Municipalità di Favaro Veneto (che comprende anche gli abitati di Ca' Noghera, Ca' Solaro, Campalto, Dese e Tessera). L'intera Municipalità conta 23.615 abitanti.

    Favaro rappresenta l'estremità orientale della conurbazione di Mestre, essendo situata ad est di Carpenedo da cui è idealmente separata tramite la SS 14b (via Martiri della Libertà). La zona orientale della municipalità è ancora caratterizzata da un vasta area rurale, che si estende dal Dese sino alla gronda lagunare, mentre nell'area settentrionale sorge parte del Bosco di Mestre.

    Dal punto di vista urbanistico, il paese era originariamente sviluppato a nord dell'attuale piazza espandendosi, dall'Ottocento, lungo l'incrocio dei due assi stradali principali, l'arteria Ovest-Est strada di Favaro-via Spigarola (oggi via San Donà-via Triestina, che conduce all'Aeroporto "Marco Polo") e l'arteria Sud-Nord strada dei Gobbi-strada Desariola (oggi via Gobbi-via Altinia). Lo sviluppo urbanistico del secondo dopoguerra si è pure basato su questa struttura, dando alla planimetria di Favaro una forma vagamente quadrangolare. Sul crocevia si trova piazza Pastrello, centro del paese, dove sorge il vecchio Municipio (oggi sede della municipalità) e il monumento ai caduti.

    La borgata ha origini medievali e, fino alla sua espansione nel Novecento, era un paese di campagna ad economia prevalentemente agricola. Deve il suo nome alla probabile esistenza di una rinomata bottega fabbrile (favaro in lingua veneta singifica "fabbro"). Originariamente l'area di Favaro si caratterizzava per la presenza di boschi e aree paludose collegate alla Laguna Veneta. Solo con le opere idrauliche realizzate dalla Serenissima dal XVI secolo e continuate con le bonifiche avvenute tra l'Otto e il Novecento il territorio fu reso coltivabile ed abitabile, contribuendo anche all'espansione urbana del paese.

    Favaro Veneto fu deputazione Comunale del distretto di Mestre dal 1816 al 1866 sotto la reggenza austriaca; fu poi comune sotto il Regno d'Italia, amministrando anche le località facenti parte dell'odierna Municipalità, fino al 1926, quando venne accorpato al comune di Venezia con decreto legge del governo Mussolini.

    A Favaro sorgono tre parrocchiali. La più antica (è originaria del XIII secolo, ma l'attuale edificio è del 1874) è quella di Sant'Andrea Apostolo (a nord rispetto al centro, presso il nucleo originale del paese) affiancata da un campanile alto 57,62 m e notevolmente pendente (lo strapiombo in sommità misura 146 cm). Le altre due sono più recenti, essendo sorte in concomitanza con lo sviluppo urbano del dopoguerra: negli anni '60 è stata realizzata, vicino alla piazza, la chiesa di San Pietro Apostolo, mentre è degli anni '90 la chiesa di San Leopoldo Mandich, nella zona sud-orientale. Da citare l'ex municipio, costruito nel 1873 e ampliato nel 1930.
    Chirignago

    Chirignago è una località situata sulla terraferma di Venezia ad ovest di Mestre. Conta 7.531 abitanti (22 dicembre 2008). Chirignago si presenta oggi come un grosso quartiere residenziale che forma un continuum non solo con la conurbazione di Mestre, ma anche con la limitrofa Spinea. Il territorio di Chirignago, del tutto pianeggiante, è attraversato da alcuni corsi d'acqua, il più importante dei quali è il Rio Cimetto, e da numerosi fossi per lo smaltimento delle acque piovane e l'irrigazione dei campi.

    Dal punto di vista urbanistico il paese era originariamente sviluppato attorno all'attuale piazza San giorgio, per poi allargarsi lungo l'odierna via Miranese. Verso la metà del 1800, la costruzione della ferrovia Mestre-Padova ruppe la continuità geografica di Chirignago con il sobborgo Catene, tale ferrovia è tuttora il confine tra le municipalità di Marghera e Chirignago-Zelarino.

    I reperti testimoniano la presenza umana sin dall'età romana. Il rinvenimento più rilevante riguarda un ponte individuato nei pressi del centro, sotto via Miranese.

    Il territorio parrocchiale era in passato molto più vasto dell'attuale e toccava anche la zona occidentale dell'attuale Marghera. Vi era compreso anche un vasto bosco, detto anticamente bosco di Brombedo: citato già nel XII secolo, fu utilizzato come riserva di caccia dai nobili; ciò che ne rimaneva, venne abbattuto durante la prima guerra mondiale. La consacrazione della chiesa (prima filiale dell'arcipretale di Mestre) a San Giorgio fa pensare all'attività dei benedettini del monastero veneziano di San Giorgio Maggiore, ai quali appartenevano gran parte dei terreni limitrofi sin dal 1022. Per il resto, l'area era feudo dei vescovi di Treviso. Nel 1336 il colmello subì le sorti degli abitati vicini e venne incendiato durante la guerra tra Verona e Venezia. Passato alla Serenissima, d'ora in poi Chirignago conobbe un periodo di relativa pace e benessere Fu comune autonomo nel distretto di Mestre a partire dal 1798 con la creazione delle prime deputazioni comunali volute dai governi francese prima e austriaco poi. Divenuto parte del Regno d'Italia, il 15 luglio 1926 venne accorpato al comune di Venezia con decreto legge del governo Mussolini. La chiesa Arcipretale, che è oggi annessa al Patriarcato di Venezia, fu fino al 1927 parte della Diocesi di Treviso.

    Tra i manoscritti non pubblicati dello storico locale Francesco Scipione Fapanni, emerge anche una dettagliata storia di Chirignago.

    È ancora incerta l'origine etimologica del toponimo. Da osservare inoltre che l'attuale forma si fissò solo a metà Ottocento e prima erano in uso le varianti Clarignago, Clerinaco, Caurignago, Chierignesco, Chierignago. La desinenza -ago, particolarmente frequente in Veneto, può ricordare un praedium, cioè un territorio agricolo assegnato ad un colono che, si ipotizza, poteva chiamarsi Clarinus o Quirinus. Il complesso dei suoi beni era denominato allora praedium Clarinacus. Se invece lo si collega a Quirinus lo si può mettere in relazione con l'omonima divinità. Un'altra proposta lo fa derivare sempre da Clarinus, identificato però come un antico corso d'acqua così denominato per le acque cristalline. Forse la palude dei dintorni (storicamente accertata) veniva chiamata Clarini Lacus e l'antica parrocchia estendeva il suo territorio su quest'area.
    Zelarino

    Zelarino rappresenta l'estremità nord-occidentale della conurbazione di Mestre. Dista dal centro storico di Venezia 17 km e da quello di Mestre 3,5 km. L'abitato si sviluppa lungo la via castellana (SR 245) il cui tracciato è più o meno parallelo al corso del Marzenego, principale fiume della zona. Il 21 novembre 2008 la popolazione era di 5.181 abitanti.

    Zelarino è nota in quanto vi si trova il nuovo ospedale di Mestre, l'Ospedale dell'Angelo che, da metà 2008, sostituisce il vecchio Umberto I situato nel centro di Mestre. Di conseguenza è stata modificata e potenziata la viabilità della frazione, in quanto le arterie di comunicazione devono supportare ora un diverso e maggiore traffico stradale da e per tale complesso, flusso che in parte attraversa il territorio nelle direttrici verso Martellago e Scorzè, oltre a quelle verso Mestre.

    Le origini di Zelarino sono assai antiche. Il toponimo Cilarino viene citato per la prima volta in un documento del 1006 e poi ancora nel XII sec. Secondo Carlo Pezzagna, parroco del paese nell'Ottocento, il toponimo deriverebbe dalla parola rin, variante di rio, cioè "corso d'acqua", corrotto poi in dal rin quindi "località vicino al fiume" (forse il Marzenego); o, ancora, dal germanico zeld o zohl cioè legno, quindi riferibile ad un antico bosco. Secondo l'Olivieri deriva da cella termine indicante un'unità territoriale o una cappella o un deposito.

    Nel 1331 Giovanni di Lussemburgo re di Boemia, figlio di Enrico VII di Lussemburgo, investì Nicolò Foscari "conte di Zelarino". Il suo feudo si estendeva su 400 campi della località oggi denominata, appunto, Contea e il titolo si conservò sino al Settecento. In passato, il suo territorio fu suddiviso nei colmelli di Zelarino, Zelo, Selvanese e la Gatta.

    Durante il periodo veneziano Zelarino diventa un ambito luogo di villeggiatura per i patrizi (testimonianza di ciò sono le numerose ville venete). Dopo la caduta della Serenissima, con le le occupazioni napoleonica prima e austriaca poi, la località diviene comune autonomo all'interno del distretto di Mestre e tale sarà fino al 1926 anno in cui Zelarino verrà assorbito nel grande comune di Venezia voluto da Mussolini. Contemporaneamente, anche la parrocchia di San Vigilio passa dalla Diocesi di Treviso al Patriarcato di Venezia.

    Interessanti i mulini Fabris e Ronchin, posti lungo il corso del Marzenego. Analogamente, anche se in misura minore, a quanto avvenuto sul Terraglio, lungo via Castellana, la principale via di comunicazione del paese, sorgono numerose ville venete: è il caso di villa Lin-Tagliacozzo (da ricordare l'oratorio ottocentesco) e villa Biasiotto-Parolari-Mar (fine XVIII secolo). Altri edifici del genere sono villa Zino-Visinoni (XVIII secolo), villa Barbarich-Pezzana-Fraccaro (con affreschi attribuiti al Pozzoserrato) e villa Sardi (appartenuta all'architetto Giuseppe Sardi).

    La parrocchiale, di cui si hanno notizie certe a partire dal XII secolo, è dedicata a San Vigilio. Il culto di questo santo, tipicamente venerato in Alto Adige, è probabilmente legato alla presenza dei frati Alemanni o ai Cavalieri Teutonici che si servivano della Castellana per raggiungere il porto di Venezia. Tra l'altro nel XIV secolo questi costruirono un ospizio per pellegrini proprio a Zelarino. Fu ampliata e rimaneggiata nel 1746 e nel 1851. Danneggiata dal terremoto del Friuli del 1976, che pure qui ha fatto alcuni danni, nel 1980 ha subito un radicale restauro completato dalla costruzione di una nuova ala polivalente. Il campanile, rialzato nel 1851, è stato recentemente ristrutturato, internamente ed esternamente. Inaugurato in occasione della festa paesana (giugno 2008), è stato visitato da varie autorità ecclesiastiche (tra cui il vescovo ausiliare Beniamino Pizziol) e civili. Con il rifacimento e la messa in sicurezza della scala interna, si è potuti salire fino all'ultimo piano, quello delle campane, così da poter ammirare il paesaggio circostante.
    Marghera

    Marghera è una località della Città di Venezia a sud di Mestre. Sorge sulla terraferma e rappresenta l'estremità meridionale della conurbazione di Mestre. Il toponimo si riferirebbe in realtà alla località compresa tra Catene e la zona industriale, ma spesso con "Marghera" si intende tutta l'area della municipalità, compresi i vari sobborghi e la zona industriale appunto, nota come Porto Marghera.

    Mentre l'area residenziale è servita della stazione di Venezia Mestre (che in effetti è interposta tra l'estremità sud di Mestre e l'estremità nord di Marghera), parte del porto e della zona industriale sono raggiungibili tramite la stazione di Venezia Porto Marghera, fermata ferroviaria che precede Venezia S. Lucia.

    Sino al XIX secolo era esistito a circa due chilometri dall'odierno centro abitato un borgo di Malghera, composto da alcune case, una chiesa e alcuni magazzini destinati a fungere da sosta doganale lungo il Canal Salso per le merci dirette da e per Venezia. Nel 1805 il borgo venne però spianato per lasciare posto al complesso difensivo di Forte Marghera, tutt'oggi esistente, lasciando però il proprio nome alla fortezza e alla zona circostante.

    Fino alla costruzione di Porto Marghera, la zona dove sorge l'odierna Marghera era invece un'area perlopiù paludosa conosciuta come i Bottenighi. Le uniche sue strade erano via Catene che proseguiva da via del Parroco a Chirignago, e via Bottenigo che da via Catene si perdeva nella barena. Ove oggi si trova via Fratelli Bandiera vi era invece un grande canale di scolo che arrivava a Malcontenta. Questo faceva parte del complesso idraulico costituito dal grande argine de intestadura, realizzato nel Trecento per raccogliere le acque della Brenta Vecchia e degli altri corsi d'acqua a sud del Canal Salso e deviarle lontano da Venezia, in direzione di Fusina, attraverso la foce del Brenta resta d'aio ("Brenta testa d'aglio).

    A fine Ottocento, Venezia si dimostrava incapace di diventare un centro industriale e portuale in grado di concorrere con gli altri del Mediterraneo, soprattutto per la mancanza di un luogo adatto a questo scopo. Grazie al progetto del capitano Luciano Petit, il problema fu risolto bonificando appunto l'area delle bocche dei Bottenighi. Nel 1907 venne emessa una legge sui porti e fu per questo che nel 1917 un quarto del territorio dell'allora comune di Mestre (Il 15 luglio 1917 un decreto soppresse l'autonomia amministrativa di Mestre, Zelarino, Favaro Veneto e Chirignago furono dichiarate frazioni di Venezia) fu espropriato e affidato alla Società Porto Industriale di Venezia la quale eseguì le opere che portarono alla creazione del primo nucleo di Porto Marghera (presso l'attuale Fincantieri) detta inizialmente Porto di Mestre. L'obiettivo era triplice: costruire un porto commerciale; costruire un porto industriale; costruire un nuovo quartiere di terraferma che permettesse di alleggerire il sovraffollamento del centro lagunare.

    L'insediamento umano divenne operativo dagli anni '20-'30 con la creazione di un progetto urbanistico (1922) chiamato "città giardino" dell'ingegnere milanese Pietro Emilio Emmer. Raggiunse la massima espansione negli anni '60, sia dal punto di vista delle attività produttive che da quello demografico, attirando numerosi abitanti dal centro lagunare della città e dai comuni vicini.

    A partire dagli anni '50, Porto Marghera cominciò ad essere uno dei poli industriali più conosciuti del Paese. Una delle prime produzioni fu il ciclo dell'azoto, precursore della produzione di fertilizzanti, dapprima per l'Agrimont, poi per Enichem Agricoltura.

    Lo sviluppo di Marghera comportò la nascita o lo sviluppo di altri centri abitati vicini, come Catene (circa 6.000 abitanti), sviluppatosi negli anni Cinquanta intorno alla parrocchia di Santa Maria della Salute.

    Conosciuta in passato per il grande insediamento industriale che ne ha fatto uno dei più importanti poli chimici europei, in questi ultimi anni Marghera si sta trasformando, sia nella zona industriale che nel quartiere urbano. La zona industriale sta guardando al futuro in un'ottica di uno sviluppo sostenibile che rispetti l'ambiente e che al tempo stesso salvaguardi l'occupazione. Il quartiere urbano si sta anch'esso evolvendo da periferia dormitorio di Venezia e Mestre in una realtà con una fisionomia propria, cercando di rispettare l'idea originaria che voleva fare di Marghera una "città giardino".

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